Intervento del Presidente Conte alla "Giornata mondiale del suolo"
Giovedì, 5 Dicembre 2019
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla conferenza dedicata alla "Giornata Mondiale del Suolo".
Grazie Presidente Lenzi, visto un po’ il clima anche, come dire, di una sessione non solo celebrativa ma anche di lavoro, mi permettete se parlerò rimanendo seduto.
Benvenuti a tutti, ovviamente saluto il Sottosegretario Morassut, il Direttore De Santis, la Presidente Bastioli e tutti i gentili ospiti. Io vi do il benvenuto a questa “Giornata mondiale del Suolo”, una giornata che è stata istituita nel 2013 con supporto unanime dei membri della FAO e si celebra fin dal 5 dicembre 2014 per sottolineare l'importanza di una gestione sostenibile del suolo.
E il fatto che si celebri qui a Palazzo Chigi mi rallegra particolarmente perché mi dà la possibilità di testimoniare, peraltro in una giornata molto affollata e fitta di impegni, mi rende innanzitutto possibile la presenza e mi offre anche l'occasione per testimoniare il ruolo di primo piano che il mio Governo vuole svolgere nella protezione dell'ambiente. L’evento odierno contribuisce non solo a diffondere una maggiore consapevolezza sui rischi derivanti dall'inquinamento, al degrado del suolo, ma permette anche di impostare, di lanciare un messaggio di sistema che possa coinvolgere tutte le istituzioni e categorie produttive, il mondo della scuola, della ricerca, in modo da lavorare insieme per trovare delle soluzioni innovative, sempre più avanzate, per collocare il nostro Paese sulla frontiera globale della sostenibilità ambientale.
La pressione delle attività umane sui terreni è sempre più allarmante, il degrado dei suoli si sta rivelando un elemento quindi fondamentale nell'ambito del concetto di sostenibilità. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, occorrono più di duemila anni, come ci dicono gli scienziati, per formare solo dieci centimetri di terreno fertile. Si tratta di una risorsa fondamentale anche per il mantenimento della vita, della nostra vita, quindi sulla terra che e forse è il bene comune per eccellenza, insieme a pochi altri: direi che ha un ruolo assolutamente fondamentale. È il punto di partenza per la produzione alimentare, indispensabile per la crescita della vegetazione, per la modellazione flussi idrici verso le falde acquifere e anche per la rimozione degli agenti contaminati. È anche tra i più preziosi alleati dell'uomo e del pianeta nella lotta che ci sta particolarmente a cuore dal punto di vista politico e degli obiettivi da raggiungere sui cambiamenti climatici.
Grazie alla sua capacità di catturare la CO2 dall'atmosfera, il cosiddetto carbonsink, il suolo può fornire un contributo decisivo anche nella riduzione dei gas clima-alteranti. Secondo la FAO il 33% dei suoli è oggi degradato, affetto da processi come salinizzazione, compattazione, inquinamento chimico, acidificazione, accumulo di sostanze biodegradabili. Quindi allo stato attuale circa la metà di tutti i suoli agricoli su scala globale è ritenuta degradata con un impatto che si preannuncia estremamente negativo sia sulla biodiversità che sulla fertilità stessa dei terreni. Se non adotteremo misure specifiche ed efficaci entro il 2050 potremmo già arrivare e percepire un calo del rendimento globale di circa il 10% dei terreni.
E un esito che ovviamente comparato in prospettiva temporale, in un lasso temporale ancora più ampio, potrebbe rivelarsi catastrofico. Se concentriamo poi la nostra attenzione sul nostro continente, la Commissione europea sostiene che il 20% della superficie dell’Unione è attualmente soggetta a un preoccupante processo di erosione.
In particolare nella regione mediterranea di cui l’Italia è parte, o molte aree che sono attualmente compromesse dalla desertificazione.
Alcune regioni italiane in effetti, soprattutto del Mezzogiorno, presentano dei suoli particolarmente sofferenti sia per la carenza di sostanze organiche nel terreno, a causa anche di pratiche agronomiche poco attente e a causa anche dalla frequente siccità, dovuta proprio ai cambiamenti climatici. Ci sono degli studi CNR, ISPRA, ENEA, immagino ne parlerete nel corso dell'incontro: il 21% del nostro territorio nazionale è considerato potenzialmente a rischio di desertificazione. E il 41% di queste aree è situato proprio nelle nel nostro centro, nel nostro Sud della penisola. Quindi il rischio di compromettere la nostra ricchezza, la ricchezza che ci deriva tradizionalmente dalla “Grande Madre”, come dicevano gli antichi, è molto concreto, è una prospettiva molto concreta. E questo ovviamente riguarderebbe la qualità della nostra vita, in particolare poi la produzione agroalimentare che sappiamo da noi si caratterizza anche una grande varietà delle produzioni e per la qualità che è apprezzata in tutto il mondo.
Insomma, dobbiamo intervenire se condividiamo tutti lo scenario, particolarmente insidioso.
Non possiamo pensare di proteggere l’equilibrio biologico dei nostri terreni senza un ripensamento complessivo del nostro modo di produrre, del nostro modo di consumare.
Dobbiamo essere consapevoli che il nostro modello di sviluppo sin qui, è un modello che evidentemente non ha tenuto cura in considerazione di questi rischi, è una concezione “lineare” della produzione, che ha unito la massimizzazione del consumo individuale alla sovrapproduzione di rifiuti. E quindi è chiaro che se non lo ripensiamo integralmente noi ci ritroviamo con una prospettiva insostenibile, con una prospettiva distruttiva.
Il dualismo tra sviluppo e tutela dell’ambiente, che ha caratterizzato sin dall’inizio questo modello di crescita, va superato a favore di un modello economico che sia al servizio degli individui e delle comunità, che veda l’uomo non come padrone della Terra, ma come parte integrante dell’ambiente.
Dobbiamo quindi lavorare anche perché si diffondano dei modelli, per quanto riguarda il sistema economico e più ampiamente il sistema sociale culturale, che siano rigenerativi fin dalle loro premesse, capaci di integrarsi e di interagire con gli ecosistemi, di ridurre i rifiuti prodotti, di riciclare le risorse di cui si dispone senza utilizzarne di nuove quando non è strettamente necessario.
E questa svolta deve essere patrimonio di tutti e direi che in questo i giovani ci stanno offrendo uno stimolo molto importante. Io ho sempre considerato che anche quando i giovani assumono toni molto aspri e ci chiamano alla responsabilità, noi dobbiamo assolutamente dialogare e raccogliere il loro appello; non dobbiamo dimostrare delle ipersensibilità fuori luogo. I giovani stanno rivendicando di poter vivere già oggi e anche un domani, ci stanno chiedendo anche di proteggere quelli che saranno i loro figli, saranno i nostri nipoti e via discorrendo le generazioni che verranno
C’è questa necessità di invertire la rotta rispetto a un modello di produzione incontrollata dei rifiuti, che devono essere obiettivi sia a livello di comunità locali, nazionali e internazionali. L'Italia c'è. Se avete avuto la bontà di scorrere i non pochi 29 punti programmatici del nostro governo, vedete che questa sensibilità è declinata molto puntualmente e, se mi permettete, direi anche modo molto prospettico. Ovviamente va adesso arricchita di contenuti, è una sensibilità, perché nel programma di governo ovviamente non potevamo soffermarci su quelli che sono - diciamo - le modalità concrete per raggiungere gli obiettivi.
Noi lavoriamo innanzitutto, se guardiamo la cornice più complessiva, per rispettare sia parametri di riduzione delle emissioni di CO2, come previsto dagli Accordi di Parigi, sia i parametri relativi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Lo dico in tutti i consessi europei e internazionali, mi sto sempre battendo per essere alla frontiera di questa sfida, l’ho rivendicato addirittura, ma non tanto per l'Italia ma per l'intera Unione europea, una posizione di leadership in questa in questa sfida che riguarda come la conversione ecologica dell'economia della società.
E la bioeconomia, che è quella parte - me lo insegnatele – di economia circolare che utilizza risorse biologiche rinnovabili dalla terra e dal mare, può sicuramente essere uno strumento strategico in questa direzione perché è un modello che promuove la rigenerazione dei territori partendo dal mantenimento e dal rafforzamento della fertilità dei suoli e dalla diffusione di modelli produttivi, di consumo ed alimentari più sostenibili.
La Presidenza del Consiglio cosa ha fatto in concreto? Oltre che ovviamente - che non è già poco - delineare una visione politica in tutti i consessi internazionali, ha definito la Strategia Italiana sulla Bioeconomia. È stato attivato un tavolo dedicato, a cui partecipano i Ministeri dell’Istruzione, dell’Agricoltura e delle Politiche Forestali, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, ci sono anche le Regioni, e poi sono coinvolti tre “Cluster” che riuniscono importanti attori del mondo produttivo e della ricerca.
La sinergia tra tutti i partecipanti al tavolo, grazie alla virtuosa contaminazione che può scaturire dalla commistione delle singole competenze, potrà sicuramente contribuire a lanciare nuovi progetti di sviluppo sostenibile, valorizzando processi innovativi in grado di razionalizzare l’utilizzo delle risorse naturali e di diffondere sempre più il modello dell’economia circolare.
Oltre alla questione della rigenerazione di materia organica nei suoli, è importante anche rivedere la normativa attuale sulla fertirrigazione, incentivare la produzione del compost di qualità per i nostri terreni su cui, ricordo, è stato siglato un importante accordo tra mondo agricolo e compostatori in occasione del forum di Coldiretti di Cernobbio, presso il quale eravamo, c’era anche lei, ricordo, e forse anche altri presenti e io stesso sono intervenuto.
Credo che l'Italia abbia tutte le carte in regola per poter diventare il campione europeo della bioeconomia circolare e della salute del suolo, attraendo risorse economiche importanti, aumentando il coinvolgimento dei territori e delle comunità locali. Più in generale, e questo l'ho ricordato anche in occasione dell'ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la sfida dei cambiamenti climatici non pone affatto un vincolo allo sviluppo umano ma costituisce la migliore opportunità per rilanciare la crescita, l'occupazione e un benessere diffuso.
Ecco perché stiamo lavorando concretamente per questa svolta per questo Green New Deal con misure concrete, già alcune misure significative le abbiamo inserite in questa legge di bilancio, in questo disegno di legge che proprio in queste ore su cui il Parlamento sta discutendo, sta esaminando, e quindi in via di approvazione. Sono misure che riguardano sia il settore pubblico, sia il settore privato e vorrebbero favorire, mirano a favorire la transizione ecologica.
Abbiamo previsto nella manovra, lo ricordo, 8 miliardi di euro per investimenti pubblici aggiuntivi nel prossimo triennio che sono, saranno destinati proprio alla promozione della sostenibilità ambientale e sociale, all'economia circolare all'efficientamento energetico e alle energie rinnovabili. Sono risorse che, se guardiamo la prospettiva temporale ancora più ampia 15 anni, cresceranno fino a 55 miliardi, veramente sono un cospicuo investimento, e ovviamente un investimento che si arricchirà anche di quelli privati e in modo a prevedere, ecco, complessivamente di erogare contributi incentivi a pratiche ecosostenibili per circa decine e decine di miliardi nei prossimi anni, con diciamo la possibilità veramente di dare un nuovo volto al sistema produttivo di indirizzare in modo completamente diverso, ecco, i nostri modelli di produzione ma anche di consumo.
Vorrei ricordare che poi in particolare stiamo per istituire, attraverso queste misure, un fondo per gli investimenti le amministrazioni centrali, un fondo per gli investimenti negli enti territoriali che avranno la tutela dell'ambiente fra le priorità degli interventi da finanziare. Avremo poi un ulteriore fondo, dotato di 4 miliardi di euro dal 2020 al 2023, per incentivare l'adozione di pratiche socialmente ecologicamente responsabili questo sia da parte del settore pubblico e da parte quello privato, da parte delle aziende private.
Ancora, nella legge di bilancio, con la legge di bilancio, una volta provata avremo un credo d'imposta a favore delle imprese attive nel settore delle materie plastiche per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione materie biodegradabili e compostabili nonché un nuovo credito d'imposta pari al 10 per cento delle spese sostenute per investimenti privati nell'ambito dell'economia circolare. Insomma, come prime misure direi… non le trascurare affatto, non sono affatto preteribili.
Il Governo sta facendo quindi la sua parte ma siamo anche consapevoli che le politiche pubbliche, le pratiche aziendali quelle virtuose non sono sufficienti per dare impulso al cambiamento, la vera forza propulsiva e deriva dalla consapevolezza diffusa in tutta la comunità nazionale e anche nella comunità internazionale di quanto sia importante davvero proteggere il nostro pianeta a partire dal suolo. Dobbiamo quindi condivide questa urgenza che avvertiamo e che oggi ricordiamo con questo evento e dobbiamo sicuramente avere tutti alleati su questa direzione di marcia, in questa direzione di marcia.
Dobbiamo avere alleati non solo, ovviamente, tutti i protagonisti dell'azione pubblica come chi vi parla ma dobbiamo avere alleati anche tutti gli esponenti dei settori privati in particolare in primis quelli produttivi ma non solo, dobbiamo avere alleati tutti coloro che lavorano nella ricerca, lavorano nella sperimentazione e tutti i giovani, perché i giovani ci stanno dando, come dicevo prima, un grande aiuto, hanno diritto loro stessi di ereditare un mondo più verde, un mondo più vivibile, più sicuro.
Ringrazio perciò il Comitato nazionale per la biosicurezza le biotecnologie e le scienze della vita, la dottoressa Catia Bastioli per avere voluto organizzare questa Giornata, ringrazio il Sottosegretario Morassut, tutti i rappresentanti anche nelle varie Autorità presenti, gli illustri relatori che oggi si dedicheranno, appunto, a riflettere, dedicheranno le loro riflessioni a questo tema, a questo momento di condivisione e arricchimento io dico sempre che dobbiamo entrare nell'ottica che noi non possediamo il pianeta, lo abbiamo ereditato e l'abbiamo ereditato per trasmetterlo alle generazioni che verranno.
Se ci dimostreremo consapevoli, responsabili potremmo trasmetterlo in buone condizioni in modo da assicurare una qualità della vita e una sostenibilità anche prospettiva futura.
Grazie per la vostra attenzione e buon prosieguo di lavori.